18.01.2025 

La ribellione – parte seconda

 

Med.: Avevamo detto che oggi avremmo parlato della ribellione. Vi abbiamo spiegato come è nato questo argomento, che sono tutte cose che abbiamo vissuto e da cui siamo risorti e, quindi, che nessuno abbia paura, nessuno si preoccupi, nessuno si spaventi.

 “Ribellione”, ovviamente, intendiamo quando ci ribelliamo al bene, non al male.  Mentre cantavamo, mi è ritornato in mente quando eravamo a Medjugorje e abbiamo aperto la Porta della Luce; mi ricordo, quando eravamo lì, in attesa che tutti quanti voi scendeste, che io mi sono commossa perché ho visto tutti voi, anziani, bambini, giovani, vedevo tanti di voi, di cui conosco le sofferenze, anche quante fatiche, e immaginavo anche tutti voi che ci seguivate da casa, e sapevo che eravate tutti lì per dare la vita a Dio per la salvezza dell’Umanità. E io in quel momento ho pensato: “Sono proprio felice di servire questo popolo, e lo ringrazio per questo”. Perché mi è venuta in mente questa scena? Perché io credo che ci sia una cosa chiara che noi dobbiamo sempre tenere presente: che al di là di quello che facciamo, al di là di tutto, il nostro primo e grande compito è offrire la vita a Dio per la salvezza dell’umanità. Questo è quello a cui tutti noi siamo chiamati. Allora, tutto questo di cui parliamo, è semplicemente perché? Per poter fare un passo in avanti, e perché la nostra offerta sia un’offerta sempre più integra, sempre più pura.

Sac.: Per inquadrare bene questo “Mi offro tutto a Dio” e non entrare nel patologico, perché c’è un’offerta patologica, bisogna comprendere una verità grande ed è la prima verità che c’è: che noi siamo stati creati da Dio e siamo qui per tornare a Dio, e che la nostra vita, questa che noi chiamiamo “la vita”, è solo un mezzo per tornare a Dio. Se noi abbiamo come centro questa vita, potete offrire, potete pregare, potete…, sarà comunque sempre tutto patologico. Quando dico patologico chi è che ci rimette? Non ci rimette Dio, ci rimettiamo noi, perché diventa tutto pesante, tutta fatica. E allora ci sono dei momenti dove pensi di essere un eroe e poi ti vedi che non sei niente; e poi ancora vuoi fare l’eroe quando, invece, non dipende nulla da noi. Non saremmo nemmeno capaci di aprire gli occhi al mattino, se non fosse per grazia. Allora, capire che la vita è un dono, un dono d’amore e, come tale, semplicemente, la ridono, mi permette di trasformare tutto quello che vivo in offerta gradita a Dio.

Med.: Sapete che mi piace sempre guardare l’origine delle parole, perché penso che spieghi meglio quello che si intende dire. “Ribellione”, come quasi tutte le nostre parole, nasce dal latino e significa rinnovare la guerra: rebellum; bellum: guerra, re: riprendere; riprendere una guerra. Quindi, rientrare in una guerra che sembrava apparentemente finita, ma noi la riprendiamo. Il contrario è arrendersi, finisce una guerra, mi arrendo.

Allora, mettiamola in un piano spirituale, del nostro spirito. Perché noi rientriamo in guerra con una situazione? Perché sono tutte quelle situazioni – poi lo vediamo meglio con calma, adesso ve lo dico in modo solo generale – che noi non avevamo vissute con Dio: non le avevamo vissute guardandole con il pensiero di Dio. Sono tutte quelle situazioni in cui non avevamo fatto pace, non avevamo portato quella pace che era la pace di Dio e, quindi, riescono.

Sac.: Oppure, tutte quelle situazioni dove viene meno la fiducia nell’azione di Dio. Partiamo dal peccato originale: perché si sono ribellati? Perché non hanno accettato che Dio dicesse loro: “Non toccate quello”. È un atto di non fiducia: “Lascia stare”, e tu vuoi andare a guardare. Nel caso nostro non abbiamo fatto pace con Dio perché? Perché il nostro pensiero vuole altro. Perché non fai pace? Perché tu pensi qualcos’altro, tu vuoi altro e questo dobbiamo dircelo, almeno, come ho detto stamattina (parliamo a persone che hanno fatto un cammino), anche nel percorso spirituale: tu vuoi altro. Tu non vuoi quello che è previsto per te, non vuoi scoprire la tua identità in Dio, tu hai deciso che la tua identità è qualcosa e allora fai guerra anche per arrivare alla tua identità. Sarà una ribellione di un livello più basso, più alto … però ribellione è.

Med.: La ribellione è diversa dal rifiuto. Il rifiuto è dire subito no a una cosa, ribellarsi è proprio entrare in guerra con una situazione. Ci domandavamo tra di noi: “Ma Adamo ed Eva cosa hanno fatto, si sono ribellati, hanno rifiutato?” E alla fine abbiamo pensato che loro si siano ribellati, però siano partiti da un rifiuto. Quindi, prima hanno rifiutato una situazione, hanno rifiutato qualcosa e da quel rifiuto è nata, poi, la ribellione. Quindi, questo è anche uno dei motivi per cui nasce la ribellione.

A me veniva in mente l’espressione che spesso tutti usiamo: “Tutto il mio corpo si ribella”. Quante volte io lo dico: “Tutto il mio corpo si ribella a quella situazione, e io non la faccio, non la voglio fare”. Guardate che questo “tutto il mio corpo si ribella”, se ci fate caso, spesso e volentieri si manifesta, guarda caso, in modo particolare durante la Messa in cui c’è la grazia forte e proprio lì esplode una reazione fisica che mostra chiaramente – lo si vede negli altri, ma ognuno lo può notare in sé stesso – che c’è una fase di ribellione totale. Ognuno, poi, si interroghi, si domandi e si veda. Noi non vogliamo fare un trattato degli argomenti. Noi diciamo, poi ognuno si esamini con pace, nella pace di Dio, se quella cosa un po’ la vive, non la vive e può essere aiutato.

Sac.: Durante la Messa è il momento massimo di grazia, è il momento massimo della nostra azione sacerdotale, è il momento di morte e resurrezione, di compimento. Tutto quello che il nostro sacerdozio può avere vissuto durante la giornata: una qualsiasi prova, una qualsiasi ribellione o tentativo di ribellione dove con “Io credo” resistevi e hai fatto quello che dovevi, nella Messa viene portato all’apice: o è fuori o è dentro.

Durante la Messa tutto viene vinto, tutto viene inchiodato sull’altare della croce e risorgi. Questa è la giornata di ogni figlio di Dio, dovrebbe essere la giornata nostra tipica, da Messa a Messa. È chiaro che avviene questa ribellione di tutto il tuo corpo quando la grazia è forte, lì è l’apice, però anche in incontri come i nostri: dove c’è la grazia forte non ce la fai, te ne vai, ti ribelli.

Med.: A che cosa, di solito, noi ci ribelliamo? Parliamo ovviamente di noi che facciamo questo cammino. Ci ribelliamo prima di tutto a Dio, in assoluto.  Guardate che all’origine di tante cose, di tante situazioni e sofferenze se ci guardiamo onestamente, c’è la ribellione a Dio. Poi c’è la ribellione a noi stessi, a come siamo. Esiste anche la ribellione alla comunione. Spesso c’è la ribellione a fare un passo avanti: ci viene chiesto di fare un passo avanti, prima ci rifiutiamo e poi, addirittura, ci ribelliamo. Quindi, prima diciamo di no e poi da lì nascono tutti quelli che sono i meccanismi della ribellione. Altra possibile ribellione è a fare una scelta importante. Allora, guardate che qua io vedo che cosa succede: devo fare una scelta, devo fare un passo avanti, non lo faccio, non seguo quello che è il cammino che Dio mi propone e, poi entro, anche magari tempo dopo, in una fase di ribellione, perché la mia anima, comunque, capisce che io quella scelta avrei dovuto farla. Ecco, non abbiamo fatto pace in quella situazione, non abbiamo colto il cammino che Dio mi aveva proposto, la mia anima comprende e lì mi nasce una ribellione profonda per giustificarmi di non aver fatto quella cosa.

Sac.: Questo passaggio, che avviene in continuo, e avviene più volte nella giornata, è il passaggio di quando la prova diventa tentazione. Tutti saremo provati, anche Maria Santissima è stata provata, anche Gesù. Non sono mai stati tentati. Perché? Perché non sono mai entrati nella ribellione, non si sono mai ribellati al volere di Dio. Provati? Sì. “Allontana da me questo calice”, Gesù Cristo; la Madonna, non stiamo a fare un trattato, lo sapete quanto può essere stata provata, ma non si sono ribellati. Quando invece, come diceva Luisa, il tuo percorso ti è chiaro, lo sai, lo sai bene, e la comunione ti aiuta a saperlo, non resisti a quella prova, ti ribelli, entri nella tentazione e nella tentazione sappiamo chi c’è. Nella prova non c’è, nella prova ti ruota attorno l’energia disgregante, nella tentazione entra e inizia la giustificazione.

Med.: Altre situazioni che si vedono: mi ribello alla novità. L’ho vista, l’ho capita, accolta passivamente, però non compresa col pensiero di Dio, non compresa in fondo e quindi la rifiuto e poi mi ribello. Non è un problema se rifiuto la novità se a quel rifiuto segue uno scatto: rifiuto inizialmente la novità, ma poi l’accolgo grazie ai tanti strumenti che Dio mi mette davanti che sono la comunione, la preghiera, etc. Dopo li vediamo. Però, se il rifiuto rimane rifiuto, diventa ribellione. Una grande, grande ribellione, secondo me, è quella sul perdono. Laddove io mi sono rifiutato di perdonare o di accogliere un perdono, o proprio non l’ho fatto, prima o poi scatta una grande ribellione nei confronti di quella situazione.

Sac.: Apro ancora la parentesi della Santa Messa, dove abbiamo detto che non riesci a vivere la Messa, se stai in quella ribellione. E la Messa inizia proprio dall’aspetto del perdono, e non a caso, perché tu devi entrare in quella Santa Messa, in quel sacrificio, anche se sei ancora provato dicendo: “Do il perdono e accolgo il perdono”. Lo devi dire, ci devi credere, è l’unica cosa che ti è chiesta, perché tu non puoi in alcuni situazioni perdonare, umanamente è impossibile, ma a Dio nulla è impossibile. Quello che tocca a noi è proprio quello di desiderarlo, all’inizio: “Lo voglio dare, non ci riesco, ma lo voglio dare; lo voglio ricevere, ma faccio fatica”. Se tu non passi lì, tutta la Messa non la vivi.

Sempre collegato alla Messa è la partecipazione col corpo. (Li abbiamo chiamati “i gesti”, che è anche un brutto termine, della Messa; non sono i gesti, è partecipare col corpo). Non riesci a partecipare col corpo se non sei in questa dimensione. Allora, durante la Messa sembra che non ce la fai più ad alzare le braccia, ti devi sedere e pensi che sia, magari, perché stai offrendo, ma in realtà è perché non hai fatto il passaggio prima. Non riesci a fare un sorriso, non riesci a sentire quella Vita che c’è e ti chiudi. Tu pensi di stare in questo modo perché porti, ti offri! No, tu non stai portando niente, porti te stesso, e questo al Signore non serve proprio. Non sono gesti, è partecipare col corpo, è armonia tra spirito, anima e corpo. È vivere la Messa! Perché per noi è facile, è più facile, fare una preghiera bella che partecipare col corpo. Provate a guardare. Una bella preghiera te la studi un pochettino a memoria e te la porti avanti nella vita, più o meno è sempre quella. Ma partecipare: o ci sei o non ci sei.

Med.: Ci tengo a sottolineare che quello di cui noi parliamo non porta ad avere, poi, un atteggiamento passivo. Non stiamo parlando di persone che sono dei burattini, che passivamente accolgono tutto, ma stiamo parlando di persone che vogliono collaborare all’azione di Dio e alla libertà che Dio ci dà, per vivere la sua libertà in noi e tra di noi. È molto, molto diverso questo.

 

Sac.: Penso che sia proprio l’opposto questo. Stiamo parlando di azioni concrete, di persone che non vogliono subire la vita, ma vogliono viverla sapendo che cos’è la Vita e la Vita è solo questo. È proprio l’opposto di essere burattini; i burattini sono quelli che credono di essere liberi e che sono portati in giro dal primo spiritello che passa.

Med.: Abbiamo toccato qua e là. Perché nasce questa ribellione? La prima e chiara risposta è perché in quella situazione non abbiamo compreso il pensiero di Dio, non l’abbiamo proprio capito, e ci ribelliamo. Poi, perché abbiamo rifiutato una situazione e non abbiamo usato quegli strumenti, come dicevo prima, che Dio ci mette a disposizione per comprenderla senza arrivare a rifiutarla e a ribellarsi. E qui c’è una cosa secondo me molto importante e sottile: quando noi rifiutiamo una situazione inizialmente stiamo molto bene. Ci sembra di essere nella pace: “Oh guarda, avevo ragione. L’ho rifiutata e sono nella pace, sto proprio bene”. Questo che cosa fa, però? Ti porta fuori dal pensiero di Dio, totalmente fuori. Dopo un po’ che stiamo fuori dal pensiero di Dio stiamo molto male, perché ovviamente ci stacchiamo ancora di più da quello che era la nostra origine, ci stacchiamo ancora di più dall’immagine e somiglianza con Dio. Creiamo il vuoto, vuoto totale, assenza, lontananza di Dio dentro di noi. In questo modo arriviamo ad avere un’anima gigantesca e uno spirito piccolissimo; voi sapete, invece, che il nostro cammino dovrebbe portarci ad allargare lo spirito, mentre l’anima dovrebbe diventare l’involucro dello spirito.

Poi, altra situazione: la paura di fare uno scatto in avanti. La paura, che è uno stato d’animo chiaro, quello su cui di più agisce Satana, diventa senso di colpa, diventa vittimismo, diventa rancore, diventa rabbia, diventa, se tutto questo percorso, poi, non viene indirizzato nel modo giusto, diventa ribellione. Abbiamo notato che da uno stato d’animo negativo si passa via via a quello successivo.

Sac.: Farei ancora un passo indietro. Non accettiamo il pensiero di Dio e poi tutto quello che ha descritto bene Luisa. Alla fine dietro ci sta sempre la solita cosa: non si fa quel passaggio che siamo nati dall’amore e che Dio è amore però non è l’amore che pensiamo noi. Nessuno di noi qui può dire di conoscere l’amore. Ognuno di noi può parlarne di una parte, ma non dell’Amore con la maiuscola.  Vi dico una cosa ancora, non lo conosceremo fino in fondo neanche nella Nuova Creazione. Quando conosceremo l’Amore totalmente? Mai, perché Dio è immenso e infinito. Anche quando saremo con Lui, sarà ancora un percorso di conoscenza. Se non fosse così, l’eternità sarebbe di una noia infinita. Lui è in espansione, quest’Amore è in espansione. Quando lo raggiungiamo? Se la mettiamo a passi … noi facciamo tre passi e Lui fa trentacinquemila chilometri. Lo conosci perché ti aspetta, lo conosci un pochino perché ti viene incontro, non perché tu sei riuscito a conoscerlo.

Allora, perché non sono in pace col pensiero di Dio? Perché non accolgo questa verità, dove so che ai suoi occhi io sono prezioso. So che non mi dà niente e non mi propone niente per farmi star male, ma è un passaggio per risorgere, e anche quella prova è per me, per la vita, non per la morte. Nel caso nostro, non solo per la mia vita, ma per la vita di questa umanità.

Med.: A questo punto, collegandomi, uso una parola che a tanti fa inorridire, ma che secondo noi è ora di usarla, che è: obbedienza. Perché mi ribello? Perché non voglio obbedire all’Amore, con la A maiuscola, quindi all’Amore di Dio. Perché mi ribello? Perché non voglio obbedire alla comunione. Ribadisco, non in modo passivo, perché sennò rientriamo di nuovo in una situazione che ho accettato, che non ho capito, dico di sì solo perché devo obbedire e, poi, mi ribello dopo. No! Perché se quella situazione che non capisco l’ho rivista nella comunione, ho chiesto spiegazioni, l’ho rivista con Dio, alla fine la comprendo e vado avanti.

Allora, dobbiamo capire sempre di più che in questo Amore grande le modalità che usa Dio non sono le nostre; che Dio spesso e volentieri – se ci pensiamo, se guardiamo alla nostra vita – realizza anche tanti nostri desideri. Guardate che li realizza, però con le modalità sue. Allora, non so, desidero vivere in un Santuario perché nel mio pensiero vivere nel Santuario è cucinare tutto il giorno e, invece, Dio mi dice: “Stai tutto il giorno al computer”. E qui, però, allora cosa faccio io? Capisco? Questa è la concretezza della vita, questo è quello che succede, tutti i giorni, in ogni situazione, ogni momento. E’ quella risposta che dobbiamo dare.

Quando noi ci allontaniamo anche un poco da questi punti fermi, allora ci allontaniamo subito dal pensiero di Dio, rientriamo in questo vuoto e ci ritroviamo come Adamo ed Eva in una situazione di ribellione. E allora qui possiamo domandarci che cosa facciamo, cosa faccio, cosa fare quando mi trovo in questa situazione. Come sempre, ci troviamo davanti a un bivio. Il primo grande bivio è sempre: scelgo la vita? scelgo la morte? scelgo la vita attraverso la fede, vivo la fede? scelgo la morte ed entro nella disperazione? Ogni volta è questo. Deve però essere chiaro qual è la vita e qual è la morte.

 

Sac.: Metterei anche un appunto per noi. Se vogliamo davvero essere offerti – abbiamo passato quella Porta, ci siamo dati disponibili e lo siamo perché l’abbiamo detto – non possiamo più neanche tirarci indietro. Tirarci indietro adesso ci faremmo male comunque. “Chi ha messo mano all’aratro e si volge indietro non è degno di me[1]. È come il peccato originale: “Non toccare lì!”, ha toccato; le conseguenze sono uguali se noi ci tirassimo indietro.

Quindi, quello che lei adesso dice di quei passaggi che portano alla disperazione non pensate siano sempre cose che per forza ci fanno diventare disperati. Per noi adesso anche in ogni piccola situazione, agire in un modo o in un altro, fa la differenza per tante anime. Anche la piccolezza diventa importante.

Se la guardi solo su di te, se non scegli fino in fondo la Vita, magari riesci a vivere bene lo stesso e ti sembra di essere meno provato. Per noi questo è egoismo. Noi dobbiamo accettare quella prova con amore perché partecipiamo con amore alla vita del Cristo, al programma di Maria per salvare le anime. Non sto dicendo che dobbiamo essere perfetti, ma che la generosità del nostro sì sia totale. Poi non conta, come lo faccio, gli errori che faccio. A differenza di tutte le scuole, Dio non giudica in base ai risultati, non dà i voti, ma in base alla generosità con cui vuoi partecipare. Se non sai fare niente: “Amen, ho fatto quello che riuscivo”.

Med.: Cosa fare? Pensiamo anche a qualcosa di concreto per uscirne. Magari, voi avete anche sperimentato, a modo vostro, come uscirne. Noi mettiamo la nostra esperienza, ben venga anche la vostra, arricchente. Sicuramente in queste situazioni l’anima è agitata, molto agitata. Escono situazioni del passato, escono cose che sono state dette, che abbiamo detto, che ci sono state dette, sofferenze, quelle ferite dell’anima che non sono gloriose. Ed esce quella memoria negativa dell’anima. Sicuramente una cosa che ferma in parte questo e che rappacifica l’anima è l’azione della parola di Dio. Noi diamo poca importanza all’azione della Parola di Dio. Quest’azione della Parola che, detta con fede, detta, anche ripetuta, calma l’anima. È una vibrazione che calma. “Sono agitato, sono in questa fase”, già solo dire: “La mia anima riposa in Dio”, “Non temere…”, tutti i salmi …

Sac.: Tutti i salmi contengono tutte le risposte agli stati d’animo. “Perché ti pieghi su di me, o anima, perché ti lamenti, perché gemi? Guarda a Dio, spera in Dio”. Adesso io non so i numeri dei salmi, però so che dicono queste cose.” Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla[2]. Leggete i salmi, ci sono tutte le risposte agli stati d’animo.

Med.: Io, guardate, ieri mattina ero in questo stato di cui vi parlo, mi sentivo così e ho letto il salmo, uno dei tanti in cui dice: “I miei nemici, hai sconfitto i miei nemici. I miei nemici sono caduti”, tutta una tragedia su questi nemici! Tante volte, questi salmi, vi devo dire, non mi piacciono, preferisco quelli che parlano dell’amore di Dio, che lodano, che… Ieri ho detto: “Caspita! Signore, grazie per questo salmo perché i miei nemici sono proprio quello che io sto vivendo adesso. Questi sono i miei nemici. Quindi, grazie!”. Anzi, l’ho riletto due volte: “Sconfiggi i miei nemici, falli travolgere dal mare”. Ecco, questo per dirvi la Parola di Dio vissuta e che mi ha aiutato. Chiaro che alla base di tutto quello che stiamo dicendoci ci deve essere quello che abbiamo detto prima, cioè il desiderio di uscirne, di volerne uscire, il desiderio che la vita di Dio vinca. Allora, tutte queste cose servono, altrimenti è inutile, completamente inutile.

Sac.: Quante volte abbiamo detto che i nostri limiti, in un certo senso, sono la cosa più bella che abbiamo, sono quel campo dove il nostro sacerdozio può lavorare al meglio, in questo contesto! I miei limiti cosa mi procurano? Questi stati d’animo. Però, se io vivo il mio sacerdozio, cosa faccio? Lì sì che c’è quella battaglia che dobbiamo combattere, non la battaglia che nasce dalla ribellione. Noi dobbiamo stare in guerra così, allora i miei limiti attraverso il mio sacerdozio fanno di me un sacramento di salvezza, mi trasformano in preghiera. Vivendo così ventiquattro ore al giorno divento preghiera, eucaristia vivente, divento lode. Posso dire quel salmo: “Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto prodigi”.

Med.: Anche dire al male: “Stop!”, non sto parlando di esorcismi, però: “Basta!”, al male che è dentro di noi, anche: “Basta! Basta! Piantala! Io non voglio accondiscendere”. Comunque, pensate che Gesù nel deserto rispondeva anche Lui coi salmi a Satana.

Dopodiché, l’altra cosa importantissima è mettersi davanti a Dio. Mi metto davanti a Dio, faccio questa volta un vuoto, libero, ognuno a modo suo, racconto, gli parlo, mi arrabbio, ognuno per come è fatto, però, crea quello spazio perché lo Spirito Santo possa illuminarci. Visitando delle persone che mi raccontavano la loro fatica, la loro situazione, spesso mi è capitato, poi, di dire: “Va bene, tutto questo è vero, hai ragione, però adesso fai una cosa: prova a guardare quello che stai vivendo non con le tue conoscenze, non con quello che tu pensi, ma guardalo dall’alto con lo sguardo di Dio, come se ci fosse un’altra telecamera che ti permette di vedere quella situazione col pensiero di Dio”. E vedevo che proprio la situazione, la persona cambiava, capiva che il pensiero di Dio era completamente diverso e le permetteva di fare uno scatto in avanti.

Sac.: Devo precisare, stamattina ho detto che a volte andare davanti all’Eucaristia è una fuga. Lo spiego meglio. Con tutti i passaggi che abbiamo descritto prima, dove vuoi vincere la prova, dove vuoi essere un sacerdote che funziona, non vuoi entrare nella ribellione, con quei passaggi dove usi la Parola di Dio, dove usi … allora poi vai davanti al Signore e il Signore ti viene in aiuto. Se tu ci corri prima, come ti aiuta il Signore? Consigliandoti quello che vi abbiamo detto noi, non ha altra strada.

Ci tengo a dirlo perché sennò qualcuno può dire che ho suggerito di non andare davanti al Santissimo. L’ho detto nel senso che dobbiamo andarci con passi fatti. Lui ti accoglie, se vai prima di questi passi, e cosa ti deve dire se lo ascolti? “Ecco, adesso vai, leggiti un salmo”, quello che abbiamo detto noi. Se hai fatto questo e vai, allora diventa un “Sto faccia a faccia con Dio”.

Med.: Altro strumento fondamentale: la comunione. Quindi, non avere paura, accogliere la situazione, metterla con tanta semplicità in comunione. La comunione è, lo ribadiamo, un sacramento. La comunione è un desiderio, non è solo fatica. È un desiderio, è una gioia, è la bellezza che ti accompagna alla risurrezione. Quindi, poter con semplicità dire: “Vivo questo. Quella situazione io non l’ho capita, non l’ho accettata, riguardiamola insieme”. Già questo, guardate che è un sacramento e libera, libera tanto. Magari uno ti può anche dire: “Questa situazione adesso te la devi ancora vivere proprio per altre anime”, però non è più energia disgregante a quel punto. Diventa un’azione salvifica per le altre anime, ma non è quel rimuginare dentro che crea energia disgregante, che manda vibrazioni disgreganti, anche se non ce ne accorgiamo, anche se pensiamo che non sia così, però sono vibrazioni che passano.

Ancora un’ultima cosa. Vedo che a volte ci viene chiesto un atto di fede nella comunione, non in atteggiamento passivo ma veramente attivo. Davanti a certe situazioni uno, secondo me, in onestà, può chiedere spiegazioni, può chiedere a Dio di essere illuminato, di entrare nel suo pensiero, però, poi, a volte serve proprio dire: “Io compio un atto di fede davanti a questa cosa”, magari fino in fondo non la capisco, ma per fede nella comunione, per fede che sia lo Spirito Santo che sta illuminando questa comunione, l’accolgo e vado avanti. Allora, se è vera fede, se quella è vera fede, se è un passo fatto veramente nello spirito, poi da lì non nasce la ribellione. Ribadisco che quando, poi, ci si arrende e, quindi, dal ritornare alla guerra si passa all’arrendevolezza, si arriva alla pace. Quindi, quella che è una situazione di energia disgregante diventa energia primaria, diventa un passaggio di salvezza per tante anime.

Sac.: Chiudo nella certezza in quel sì che abbiamo detto di essere pronti e desiderosi di dare la vita per portare a compimento il piano di Maria, sempre con quello che riusciamo, nella semplicità.

DOMANDE

Domanda: Non è una domanda, è solo il risultato di un’esperienza rispetto a quando parlavi dell’anima, provare e capire come calmare l’anima quando è agitata. Io, per esempio, ho sperimentato che ci sono dei momenti in cui anche le parole sono di troppo, anche la Parola e, per esperienza personale, quello che mi ha aiutato, è proprio il contatto con la natura, il contatto con gli animali, il suono della natura o alcuni canti.

Sac.: Questo è giusto, è vero, e sono tutti strumenti, mezzi che Dio ci dà e che dobbiamo usare, però dobbiamo sapere che sono mezzi e dobbiamo sapere qual è il fine e qual è la strada. Ci sta un tempo dove non ci riesco, dove vivo in una pace di questo tipo, ma sono mezzi, cartelli che indicano, però, poi bisogna ripartire in quella strada. Il rischio è sempre quello che poi io faccio diventare i mezzi quel luogo dove ogni volta, magari, invece che affrontare la prova, mi vado a calmare. Non ho il coraggio di affrontarla, vivo la pet therapy o quello che è. È giusto e noi dobbiamo usarlo anche con gli altri, però, poi, viene il momento, se siamo dei bravi accompagnatori, che dobbiamo dire: “Adesso ci devi passare e ci passi col Cristo”.

Med.: Infatti, condivido pienamente quello che dice Mauro, io ad esempio ho sottolineato proprio la Parola di Dio, perché comunque la Parola di Dio provoca, in ogni caso provoca. È la vibrazione dell’azione di Dio da cui, in certe situazioni noi vogliamo scappare. Non ha solo un’azione calmante, ma un’azione che penetra, provoca e va a riempire lo spazio tra lo spirito e l’anima. Ed ecco perché, ripeto, in certe situazioni non riusciamo, secondo me, ad ascoltare la Parola di Dio.

Sac.: Per quello che è, perché il Verbo è Lui, il Verbo si è fatto carne, il Verbo, la Parola, è chiaro cos’è. Va, è una spada tra lo spirito e l’anima. È vero, può essere che non sia il momento giusto per andarci, ma deve arrivare quel momento.

Med.: Guarda che, di nuovo pensando alla Messa, penso che ognuno con onestà possa dire che ci sono situazioni in cui sicuramente non sei tanto nel pensiero di Dio in cui ti dà fastidio l’omelia – che comunque è parola di Dio, dobbiamo crederci – dà fastidio sentire la lettura del Vangelo, addirittura sentire e ascoltare i messaggi, proprio ti irritano e dici: “Io questa roba qua oggi non vorrei”.

Sac.: Sì, qua apro una parentesi. Noi dobbiamo portare a compimento, sviluppare, quindi abbiamo inserito anche dei cambiamenti nella Santa Messa. Però sono sempre delicati da fare, perché corriamo il rischio anche noi che partano da un “mi dà fastidio, mi pesa…” e allora non è che tutto quello che mi dà fastidio lo tolgo, perché ha duemila anni di grazia la Santa Messa. Quindi, ogni cambiamento va vissuto prima di tutto; finché mi dà fastidio la tengo, me lo scrivo e quando smette di darmi fastidio guardo se, magari, si può togliere. Quando non mi dà più fastidio però, e poi in comunione. Perché sennò è facile… “cosa lo leggo a fare, mi stanca, io sono andato oltre”.

Domanda: Penso anche, Mauro, che in quei momenti dove ci provoca così tanto la Parola di Dio si può anche dire: “Adesso rimango fermo, mi lascio provocare, voglio andare fino in fondo a quello che Dio vuole andare a toccare lì”. E lì Dio va, Dio passa.

Sac.: Ogni prova ci provoca. Ogni situazione che non è secondo il mio pensiero mi provoca. Ogni persona che non è secondo il mio pensiero mi provoca. Ogni sguardo mi provoca. Un abbraccio mi provoca. Uno che mi dice: “Ti voglio bene” mi può provocare. La Parola di Dio mi provoca. Ma perché? Allora, siamo sempre lì: mi ribello, me ne vado, mi ribello, escludo, elimino. Ci passo dentro col Signore e a volte passarci dentro è stare sulla croce, però ci sto, non scappo. Poi, devo risorgere e torno alla Santa Messa.

Domanda: Ciao a tutti. Voi avete parlato prima di obbedienza e chiaramente ci riferiamo all’obbedienza a Dio. Allora, per mia esperienza personale, quando a noi capita una situazione che non riusciamo a capire, ad accettare, perché non è secondo il nostro pensiero, in quel momento io credo che dovremmo attingere a questa obbedienza chiudendo gli occhi, le orecchie, andare avanti e stare in quest’obbedienza a Dio. A volte noi esseri umani abbiamo delle grosse difficoltà, la parola spesso complica, anche il nostro modo di esprimere ciò che viviamo e vogliamo comunicare complica. Per me stare in quella situazione, anche se non la capisco, in un’obbedienza, ha permesso a Dio di farmi vedere quello che Lui attraverso quella situazione ha previsto per me, per tutto il popolo, per la sua Chiesa. E allora, veramente, lì c’è quella morte e quella resurrezione che poi ti fa fare davvero uno scatto in avanti. E ogni volta che potrà, magari, ancora succedere, sarà sempre meno doloroso.

Sac.: È giusto. Allargo un po’. Io penso che tra di noi in tutti questi anni l’obbedienza come forse è vista nella Chiesa Cattolica non l’abbiamo mai usata; l’obbedienza al padre spirituale, l’obbedienza cieca, non l’abbiamo mai usata. L’obbedienza a Dio così come l’hai descritta tu credo proprio sia stata una di quelle trasformazioni del pensiero sia personale che collettivo. E’ stata una di quelle azioni di novità, di entrare in un popolo nuovo. È chiaro – e credo abbiamo progredito anche questo – che lo specchio per stare nella volontà di Dio, per capirla quando non mi va, come la descrivevi tu, sia sempre più la comunione. Che non ti dice cosa fare, della quale si può anche non essere d’accordo e dire: “Non la penso come la pensate voi”, però resta lì, resta lì e, uso un termine brutto, ti rompe le scatole. Comunque lei è lì, ti ama, non ti giudica, ma è lì e ti continua a dire: “La strada è quella” e tu: “No”, e picchi i piedi, e ti dice: “Va bene, non fa niente”. Ed è lì. Ecco, è quella fermezza che rappresenta la volontà di Dio.

Med.: Io credo che dobbiamo avere il coraggio di dirci che noi non ci apparteniamo più, che noi in questo cammino siamo di Dio, apparteniamo a Dio, che deve essere Cristo a vivere in noi. Quegli atti di obbedienza nella fede rientrano, secondo me, in questo non appartenerci.

Sac.: Sì, perché anche qua quante contraddizioni! E credo anche che qui stiamo facendo passi grandi e belli. Offriamo la vita e, poi, in quella vita offrire tutto della vita. Allora, se io non mi appartengo più, cioè se io ho il coraggio di dare la vita, proprio di togliermela, allora devo avere il coraggio di dare il tempo dove lo impiego, devo avere il coraggio di dare ciò che mi piace, cosa vorrei, cosa desidererei. Avere il coraggio di dire: “Ma io adesso, alla fine, se Ti ho dato la vita, Ti ho dato tutto, devo desiderare quello che vuoi Tu e basta” e non mi posso nascondere dietro “mi vuole felice”. Certo, Dio ti vuole felice, ma l’unico luogo dove sarai davvero felice è dove ti ha pensato Lui, non dove ti nascondi tu.

Med.: E, poi, c’è un trucco secondo me pazzesco è quello quando quest’obbedienza non viene vissuta così come abbiamo detto, in questo atteggiamento; allora tu obbedisci perché vuoi farlo, però, semplicemente, lo vuoi fare, però sei convinto che quell’obbedienza ti porterà a una determinata situazione, che, comunque, è la tua, la tua situazione. Allora: “obbedisco perché la comunione mi dice che devo fare un muretto”, però tu sei già convinto, se non la comprendi fino in fondo, se non la vivi nella fede, se non ti fai illuminare da Dio, che quel “muretto” dovrà avvenire in un certo modo. Se non viene in quel modo, dici: “ecco! Io ho obbedito e guarda cosa è successo”, ma in realtà il pensiero di Dio sul fare quel “muretto” era completamente diverso da come l’avevi tu. Questo è un trucco pazzesco e questo porta poi, torniamo al punto di partenza, alla ribellione.

Sac.: Sì, perché, sempre per portare vita vissuta, passaggi nostri. Dare la libertà, proprio in tutti i sensi, arrivare a non riuscire a portare a compimento niente di quello che vorresti fare. Il desiderio di fare due passi a piedi … – glieli facciamo fare al cane – noi non ci riusciamo. Però, se ti resta l’amarezza se poi non arrivi a dire: “meno male che non li ho fatti. Grazie, o Signore, che per fare la tua volontà non ho più tempo neanche di andare in bagno. Grazie, perché è più bello”. Se non arrivi a sentire che è più bello, lì cova la ribellione.

Domanda: Io ho una domanda. Rispetto a tutto quello che ci siamo detti volevo chiedere se c’è una differenza, chiamiamola così, tra la ribellione a Dio e la fatica nel rimanere fedeli alla propria chiamata. E riguardo a questa fatica cioè di rimanere fedeli alla propria chiamata o alla novità che Dio sta aprendo, io quello che vedo su di me è che quando in quella fatica mi manca la gioia è perché di fondo c’è un germe che è ribellione a Dio. C’è ancora un po’ di egoismo, di amor proprio. Ecco, in tutto quello che ci siamo detti mi sono chiesto se a questo punto del nostro cammino c’è ancora un po’ questa differenza tra la ribellione e la fatica nella fedeltà alla propria chiamata, ma che è parte da portare, oppure deve essere tutto gioia, tutto donato.

Sac.: Tu hai già risposto. Posso solo fare una precisazione per allargare perché hai già risposto. La prima cosa da vedere, come la dici tu, è questa chiarezza della tua chiamata. Se parlo a te – adesso parlo a te anche se ascoltano gli altri – la tua chiamata al sacerdozio ministeriale. Allora, una volta che tu celebri la tua Messa e vivi la tua offerta a favore di tutti, tu sei fedele alla tua chiamata. Tutto quello che consiste nel fare altro è un di più. Vivere la ribellione alla tua chiamata sarebbe dire: “Smetto di fare il sacerdote”. Fare fatica ad accettare tutti i passi nuovi che Dio ti può mettere davanti, perché ti chiede di andare in Africa, poi, quando sei arrivato in Africa, ti dicono: “No, di lei non abbiamo bisogno, torni pure in Italia”, ecco, quello… non è ribellarsi alla tua chiamata ma la fatica ad aderire al pensiero di Dio che attraverso tutte queste azioni ti sta trasformando. Ti sta facendo diventare un sacerdote sempre più secondo il suo cuore, se ogni volta che celebri, e lì vivi la tua chiamata, sarà sempre più secondo il pensiero di Dio. Per portarti lì, te, me, come tutti i sacerdoti, ci deve far fare anche dei percorsi assurdi, magari umanamente, ma giusti agli occhi di Dio, Quindi, non puoi parlare di ribellione lì. Può essere un’arrabbiatura al Signore che è sempre un po’ troppo estroverso.

Med.: Io penso che a volte nasce anche la ribellione perché ci può sembrare che ascoltare la comunione, vivere la comunione non ci faccia vivere appieno la nostra identità. In realtà, secondo me, una volta che la nostra identità è chiara, l’agire dell’identità è quello scatto dove noi dobbiamo permettere alla comunione di intervenire, perché, sennò, anche lì noi abbiamo un’idea di come è il nostro agire, di come noi manifestiamo e sviluppiamo la nostra identità, di quello che noi siamo in quella identità. E quando, poi, si scontra con il pensiero della comunione, con quello che ci viene mostrato, lì parte di nuovo il germe della ribellione.

Sac.: Sì, però qua diciamo tutto e il contrario di tutto, e questo mi fa piacere perché anche Dio fa così. A volte anche la comunione, se veramente è guidata da Dio e lo è sempre, ti fa fare le cose apparentemente assurde e sbagliate, ma ti servono per la tua crescita. Magari poi ti riporta a quel pensiero che tu avevi portato alla comunione. Tu eri arrivato a dire: È giusto questo?” e la comunione ti dice: “No, devi fare…”. Tu fai fatica, ci passi dentro, e dopo che l’hai fatto salta fuori che bisognava fare quello che dicevi tu e dici: “L’avevo detto”. Ma dovevi fare quei passaggi. La comunione è lo strumento di Dio per farti crescere per arrivare a quello. È sempre quella fiducia in Dio, qualsiasi strada faccia fare.

Domanda: Molto spesso si dice di sì e, poi, non si segue la strada che Dio ci sta indicando. Ad esempio, io sono una che da principio dico: “No, no, non posso, non voglio” e invece poi quella cosa la faccio. Non con uno sforzo ma ho bisogno di prendermi un tempo. Non riesco subito a dire sì. Questo lo si ritrova un po’ nel Vangelo dei due fratelli che vanno al campo…

Sac.: Grazie a te, ed è giusto, e abbiamo anche detto che quando uno riprende, come hai detto tu, come dice il Vangelo, quella risposta non è ribellarsi, è semplicemente meditare, ascoltarsi.

Med.: Esatto. Sono quelle situazioni di cui parlavamo in cui si diceva: “Ho bisogno di capire” e poi la faccio, quelle in cui si diceva che noi non siamo dei burattini passivi che sempre accogliamo tutto così. Non è ribellarsi, è semplicemente prendere il tempo. Possiamo arrivare anche, come si diceva prima, a quei casi estremi in cui uno può proprio rifiutare, rifiutare alla grande, però, prima di arrivare a ribellarsi, recupera. E ne abbiamo, anche noi, tanti casi, noi, noi, proprio noi tre, che potremmo dirvi che davanti a delle novità abbiamo detto: “No. Non se ne parla”, e poi in pochissimo tempo, anche un po’ più di tempo, abbiamo recuperato quel pensiero. Lo scatto, secondo me, è sempre quello: dal rifiuto poi non arrivare a ribellarsi. Quindi, usare tutte quelle armi, come si diceva, che ti permettono di recuperare.

Sac.: L’ho fatto più volte questo esempio, non è per parlare di me, lo sapete già tutti. Nel 2017 padre Tomislav e Stefania hanno parlato a Ghedi a quel gruppo radunato per l’incontro, tra cui c’ero anch’io, dei “gesti” per partecipare anche col corpo alla s. Messa e avvicinarci alla liturgia del cielo e a quelle che si svolgono sui pianeti fedeli[3]. Io, finito quell’incontro, sono andato da padre e Stefania molto deciso dicendo che me ne sarei andato e che per me il cammino era finito lì. Non mi hanno detto nulla, mi hanno guardato e mi hanno sorriso tutti e due e io sono ancora qua…. Quindi, non è quella la ribellione, io semplicemente quello non riuscivo dentro di me ad accoglierlo, a capirlo, era più grande di quello che in quel momento… Però quel sorriso ha aperto una porta in me.

Med.: Io credo che spetti a tutti noi quella saggezza di sapere a volte anche aspettare che nell’altro ci sia questo passaggio, lasciando il tempo di Dio, non il nostro. Quando vedi quel rifiuto, così come io me la ricordo quella volta in Mauro – se fosse ribellione sarebbe un po’ diverso – quello che secondo me è importante è che tutti stiano in quella che è la pace di Dio, senza affannarsi o spaventarsi. Stando nella speranza e nella certezza che quella persona quello scatto lo farà. Io credo che questo sia fondamentale, perché questo arriva all’universo e arriva anche a quella persona.

Domanda: Io sto ascoltandovi e vi ringrazio, però mi sono accorto che in quell’atteggiamento di ribellione ci ricado spesso. E ho visto che mi si risveglia subito uno stato d’animo dove inizio a colpevolizzarmi. Però vedo anche come in queste ribellioni, dentro di me c’è una pace forte, accesa. E adesso mi chiedo: se tocchiamo queste ribellioni, viste anche in questo tempo dell’apertura della Porta Santa per il Giubileo, ci dobbiamo passare in mezzo. Non so se possono esserci davvero ribellioni legate alle radici, a quello che portiamo dentro, che siamo chiamati a passare per corredenzione o sono ribellioni che arrivano proprio da noi? Si capisce?

Sac.: Si capisce bene, ma c’è da specificare una cosa: non sono ancora ribellioni le tue, sono prove. Se fossero ribellioni, non saresti dove sei, non avresti sentito quella pace, non avresti fatto i passi che hai fatto. Sono prove che ti vogliono portare alla ribellione, che hai vinto, che hai partecipato con Cristo e valgono, come dicevi, con la Porta Santa per tante anime, per tante radici. Sono quelle prove dove tu crescerai. A te sembra che siano ribellioni per il tuo carattere, tu sei così, ma quel carattere nelle mani di Dio è una potenza e Lui te lo sta lavorando attraverso le prove, non le ribellioni, non sono ribellioni quelle. Sarebbero ribellioni se fossi andato oltre. Hai capito?

                                                                              … ___________…

Sac.: Per continuare l’incontro, che non si ferma, adesso celebriamo. Adesso è da mettere in pratica tutto questo che ci siamo scambiati, detti, ognuno per quello che è il suo sacerdozio. Il compito di noi tre, in maniera particolare, è di celebrare per voi e di offrirci per voi. Adesso è il momento dei miracoli, adesso avvengono i miracoli. Noi dobbiamo pregare, intercedere perché avvengano. Voi dovete partecipare e vivere la Santa Messa per essere quel campo dove Dio fa questi miracoli. Dipende da voi.

E tutte quelle anime che vogliono vivere questo miracolo, il miracolo della vita, vogliono entrare nella vita io vi battezzo col nome di Maria e Giuseppe, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Vi assolvo dai vostri peccati, che il perdono di Dio rinnovi tutto dentro di voi, non sia uno scherzo; che attraverso questo perdono sentiate che cos’è l’amore. Imprimo su di voi il sigillo dello Spirito Santo, vi dono il Segno del trionfo del Cuore Immacolato di Maria e vi unisco alla Chiesa di Gesù Cristo dell’Universo.

Lucifero, vai con la tua chiesa nera nello stagno di zolfo.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

E la benedizione di Dio, di tutta la sua Chiesa, di Maria Santissima, che oggi gioisce insieme a noi, insieme al suo popolo, scenda su di voi, attraverso di voi raggiunga gli ultimi, i piccoli, gli ammalati, i semplici, raggiunga l’Europa, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

INDICE DEGLI ARGOMENTI
Rubrica Degli Incontri Del Popolo

***

15 – La ribellione – parte seconda

14 – La ribellione – parte prima

13 – Io credo

12 – Dai Segni Alla Realtà

11 – Camminare verso la libertà

10– La Comunione

9 – La Famiglia

8 – Gli Stati D’animo

7 – La Morte

6 – Il Silenzio

5 – La Funzione del Medico nel Popolo Nuovo

4 – La Sessualità Nel Pensiero di Dio

3 – La Depressione

2 – L’ansia

1 – L’Ascolto

 

 

 

 

[1] Cfr. Lc 9,51-62

[2] Cfr. sal 22

[3] Cfr. San Raffaele 26.02 2017 “Le vostre celebrazioni siano sempre più elevate”