Incontro LITURGIA
Seconda Parte 03/12/2017
Parlando della liturgia, siamo arrivati al momento della Parola di Dio, della lettura della Parola. Proseguendo, in teoria, ci sarebbe il momento dell’offertorio, dell’offerta però, noi, prima, abbiamo introdotto il Battesimo. Allora dico due parole sul battesimo, affinché non diventi un rito, un’abitudine. Perché il Signore ci ha chiesto di battezzare? E’ una grazia proprio di questi ultimi tempi, nei quali Dio deve ricapitolare tutto in Cristo. San Michele consegnerà a Gesù Cristo tutto ciò che è stato ricapitolato in Cristo, quanti Lo hanno accolto e Lo hanno scelto come Signore. Sottolineo un passaggio: anche Lucifero sa che Dio è Dio, ma non Lo accoglie, perciò non è sufficiente dire “Gesù è il Signore” ma devo sottomettermi a Lui. Se non lascio il mio io e il mio pensiero, nel Cuore di Gesù affinché li trasformi, anche dire che Gesù è il Signore non basta, perché anche Lucifero lo sa, tutti gli arcidemoni, tutti gli illuminati lo sanno ma non si sottomettono. Offrire la vita a Dio, ne parleremo dopo, è proprio questo: consegnarmi a Lui. In questo tempo tutto deve essere ricapitolato in Cristo. San Michele consegnerà a Gesù tutto ciò che deve essere ricapitolato; Gesù lo consegnerà al Padre e anche Lui si sottometterà al Padre, dando finalmente inizio all’eternità nella creazione nuova. Fino a quel momento, senza il Battesimo non è possibile entrare nella creazione nuova, perché è solo il Sacrificio di Gesù, il Sangue di Gesù, che immette l’uomo nella condizione di poter fare ritorno al Padre. Pensate a quante anime, dall’inizio dei tempi, non sono state battezzate! Pensate anche solo ai giorni nostri: siamo più di sei miliardi sulla Terra, dei quali noi cristiani siamo un miliardo, mentre gli altri cinque miliardi non sono battezzati. Questo non vuol dire che fra quei cinque miliardi non ci siano persone più brave e sante di noi, hanno però bisogno del Battesimo per entrare in rapporto col Padre. Quando battezziamo diciamo “alle anime che il Signore permette che siano pronte” lo diciamo perché non siamo noi che scegliamo chi battezzare, ma è Dio che manda le persone, le anime, che sono pronte per ricevere il Battesimo. Queste ricevono il Battesimo, si offrono a Dio e velocissime vanno in Cielo; è un passaggio. Dall’inizio dei tempi Dio ha deciso di collaborare con gli uomini, affidando loro il compito di battezzare. Potrebbe farlo (battezzare) da solo? Sì, potrebbe fare tutto da solo, però ha deciso di collaborare con noi. È un punto che tanti non capiscono; infatti, qualcuno dice: “Ma sì, ci penserà Dio”, altri dicono: “Ma come fai a battezzarlo senza l’acqua?”, come se fosse l’acqua a battezzare. La verità del battesimo è uno di quei punti che bisogna cogliere dallo spirito, per non vivere un rito. Anche nella dottrina cattolica è previsto che in certe condizioni particolari, se si è vicino ad una persona che sta morendo e che non ha ricevuto il battesimo, sia possibile battezzarla. Nel caso nostro noi lo facciamo perché ci è stato chiesto. Ripeto, non siamo noi a scegliere chi battezzare, ma tutte quelle anime che magari sono da 4-5000 anni in Purgatorio e adesso hanno capito l’importanza del Battesimo e lo desiderano, è bello battezzarli. Queste anime noi le battezziamo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e diamo loro un nome[1]. Secondo la nostra esperienza, quando le anime vengono chiamate per nome è come se, in quel momento, accogliessero un’identità. Lo abbiamo visto soprattutto con i bambini abortiti[2]: vogliono un nome, lo richiedono, e quando lo ricevono si sentono pieni, sentono di essere importanti, si sentono amati. Ecco perché diamo loro anche un nome e tutto quello che diciamo dopo “Imprimo il sigillo dello Spirito Santo” e scaccio Lucifero, è un di più. Il Battesimo è: “Io vi battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, tutto il resto, io vi invito a non farlo con leggerezza, perché quello è un esorcismo vero e proprio, quindi, in qualche modo, quando lo fate, andate a scontrarvi con satana, perciò fatelo solo se vi sentite chiamati a farlo. Non è che prima fate la preghiera e poi dopo vi preoccupate perché siete stanchi, appesantiti, o perché qualcosa va male.
Tra le altre cose che abbiamo introdotto nella Messa, all’inizio invochiamo i santi, i giusti. Perché? Perché in ogni Messa noi entriamo a vivere la liturgia del Cielo, alla quale partecipano tutti i santi e i giusti di ogni tempo, quindi è bello entrare in questa comunione. Succede che durante una Messa entriamo in una dimensione diversa anche di spazio e di tempo, il Cielo scende e noi saliamo, è un incontro. Io penso che un po’ lo abbiamo sperimentato anche tra di noi, quando la Messa sembra sia durata cinque minuti ma in realtà sono trascorse due ore e venti. Questo succede perché entri in questa dimensione nuova.
Facciamo l’esorcismo anche con la preghiera di San Michele[3], come si faceva anche prima nella confessione cattolica, lo facciamo perché, ogni Messa, è Gesù Cristo, e noi con Lui, che scende e divide gli inferi da ciò che è del cielo: è uno scontro. Allora questa battaglia con chi è bello cominciarla? Con San Michele. È per questo motivo che prima di cominciare la Messa invochiamo San Michele che ci aiuti, ci accompagni, ci protegga. Invece, una novità che abbiamo introdotto, è dire: “Ti salutiamo nostro Signore e Salvatore” nel momento in cui il ministro eleva prima il Corpo e poi il Sangue di Cristo. Questo perché anche i fratelli fedeli lo dicono nel momento in cui Gesù entra nelle loro celebrazioni e, come ho già detto, da loro non avviene tutti i giorni. Quando Gesù va dai fratelli fedeli si presenta in Corpo ma, questo, non avviene ogni volta che celebrano. In ogni caso, quando Lo vedono arrivare si inginocchiano e Lo salutano. È bello anche per noi salutare così Gesù quando il ministro eleva l’Ostia e il Calice. È bello farlo anche in previsione dell’incontro che avremo con i fratelli fedeli, quando tutti insieme, saluteremo e ringrazieremo Gesù. Alla fine della Messa, inoltre, abbiamo introdotto la preghiera di affidamento e offerta della nostra vita, della nostra anima e di tutto il popolo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; penso sia molto bella se non viene vissuta come una recita.
La differenza tra il vivere una preghiera e il recitarla la fa sempre lo spirito con cui facciamo le cose. Se io so con certezza che il Padre accoglie la mia vita, accoglie la mia morte, accoglie voi e il popolo, dentro di me cambia tanto e lo stesso avviene con il Figlio e con lo Spirito Santo. In questo modo tutto viene elevato, tutto il mio essere viene elevato, consegnato a Dio. Poi allora possiamo dire a Lucifero “a te Satana”, gli comandiamo di allontanarsi, ma non con prepotenza, ma con un motivo semplice: noi apparteniamo completamente alla Santissima Trinità. Quello è un annuncio che facciamo a tutti, non è un comando. Non so se qualcuno di voi ha partecipato agli esorcismi che fanno nella confessione cattolica: purtroppo, spesso, sembra quasi che dipenda dalla forza che metti a urlare al demonio di andarsene. Io ne ho visti parecchi dove viene urlato a satana: “Vattene” e ho visto anche il demonio ridere come un matto, come se a lui dessero fastidio le nostre urla. Ho visto esorcismi, invece, nei quali quel povero malato semplicemente veniva abbracciato con tanto amore e in questo modo, con un abbraccio, il demonio se ne andava. La Madonna non urla, non parla, si gira e lo guarda e quando si gira a guardarlo, satana non sa più dove andare. Maria non dice niente, non gli dice neanche di andarsene, lo guarda con compassione, con amore, uno sguardo che dice: “Sei un poveretto”. Allora noi non comandiamo a satana di andarsene con tanta forza umana, perché, se ci mettessimo su quel livello, che è il livello di Lucifero, se ci mettessimo sul livello della forza delle urla o della nostra volontà umana, avremmo già perso. Semplicemente annunciamo a tutti che noi siamo della Santissima Trinità, apparteniamo completamente a Dio Trino e Uno e, su questo livello, Lucifero e i suoi non possono toccare più niente e nessuno.
RISPOSTA (D): Penso che per parlare del momento dell’offertorio sia importante cominciare da un punto di vista largo, non concentrandoci sul particolare, ma partire da una dimensione universale per poter capire quello che è avvenuto dopo il Sacrificio di Cristo, ovvero 2000 anni fa. Il sacrificio di Cristo è stato l’evento che ha dato la svolta alla storia della salvezza dell’umanità, dando inizio al progetto del Padre, del quale ha scritto anche San Paolo, ovvero: “il progetto segreto da sempre previsto di ricapitolare in Cristo tutte le cose”[4]. Da quel momento anche il sacerdozio degli Arcangeli[5] è cambiato, perché prima officiavano la liturgia del Cielo accogliendo la vita di Dio e trasmettendola a tutta la Creazione, poi, però, dopo che Cristo è diventato Vittima, Altare e Sacerdote, è nel Suo Corpo e nel Suo Sangue che viene ricapitolato e trasformato tutto per essere offerto al Padre. Così, da quel momento, anche il sacerdozio degli Arcangeli si esprime in tutta la sua potenza e la liturgia del Cielo viene celebrata per accogliere in Cristo, ricapitolare in Cristo, ovvero: portare a Cristo tutta la realtà che è staccata da Lui, perché sia unita a Lui e con Lui faccia ritorno al Padre. La nostra Messa si inserisce in questo evento ed è per questo che noi partecipiamo al memoriale, dicendo: “Celebrando il memoriale della morte e resurrezione del tuo Figlio, ti offriamo Padre, il Pane della vita e il Calice della salvezza e Ti rendiamo grazie per averci ammessi alla Tua presenza a compiere il servizio sacerdotale”. Qual è l’opera dell’amore di Dio? È l’opera nella quale il popolo, a partire dal sacerdozio degli Arcangeli, si mette a servizio dello scopo della liturgia, ovvero, ricapitolare, portare a Cristo tutto in modo che tutto faccia ritorno al Padre, fino alla fine dei tempi: fino quando ci sarà un’anima da salvare, Gesù rinnova e rinnoverà sempre questo sacrificio. Quando sarà raccolto tutto, ricapitolato tutto, quando la zizzania sarà separata dal grano, allora la liturgia riceverà una nuova svolta, perché sarà la creazione nuova. La liturgia sarà una liturgia eterna, non ci sarà più il Sacrifico di Cristo, perché, quando tutto è ricapitolato e tutto il salvabile è stato salvato, cambierà tutto un’altra volta. Allora gli Arcangeli nel loro sacerdozio, riceveranno un nuovo compito e così anche il nostro sacerdozio riceverà un nuovo compito. Perché dico questo? Perché è molto bello, secondo me, vedere questa dimensione dell’offertorio, non come una parte che dobbiamo fare perché si fa così, o perché ci hanno insegnato che nella Messa si consacra il pane e il vino, ma perché nell’offertorio il punto centrale è sempre rivolto verso il popolo. Infatti anche nelle preghiere eucaristiche noi diciamo: “Guarda il popolo riunito intorno a te e manda il tuo Spirito”. Il popolo ha un’azione fondamentale al momento dell’offertorio, perché raccoglie e porta tutto quanto a Gesù Cristo attraverso le mani del sacerdote ministro. Il popolo, così, si mette in atteggiamento di servizio, di partecipazione attiva e in questo modo vive lo scopo della liturgia. Questo è l’obiettivo principale della liturgia e se lo viviamo dentro di noi, il nostro sacerdozio regale funziona al massimo delle sue potenzialità. In questo senso la mia non è un’azione separata da quello che avviene a livello universale, ma faccio la mia parte in questo progetto di ricapitolare in Cristo tutte le cose. Allora anche quello che è in me, la mia potenzialità nel raccogliere con Cristo Gesù, viene elevata dalla vibrazione della vita di Dio che la fa agire al massimo.
RISPOSTA (M): Avviene quello che abbiamo detto tante volte: non si partecipa alla Messa, la si celebra, è il popolo che celebra la Messa. Questo è il momento culmine nel quale deve agire il sacerdozio regale. Lo abbiamo detto tante volte, come è stato spiegato bene anche prima: la Messa la celebriamo insieme, non la celebra solo il sacerdote ministro, la celebriamo tutti. Il sacerdote ministro presiede la Messa e parla a nome del popolo. Anche la consacrazione, come è stato detto anche prima, nel momento in cui chiediamo allo Spirito Santo di venire, non è soltanto il sacerdote ministro che lo chiede, o come qualcuno dice “il sacerdote che comanda”. Questa affermazione è un’eresia grande, perché chi può comandare Dio? Invece, cosa diciamo durante la messa? “Guarda il popolo riunito intorno a Te e manda il Tuo Spirito”. Cristo lo fa per voi. Noi ministri siamo semplicemente i portavoce, ma la celebrate voi la Messa. Anche la qualità della Messa non dipende dal ministro, ma dal popolo. Alle volte si sente dire “sono stato a una bella Messa” ed è brutta come frase: il fatto che una Messa sia bella dipende dal popolo non dal ministro che la presiede.
RISPOSTA (D): Allora quando noi viviamo il momento dell’offertorio, che cosa offriamo? Offriamo il pane, il vino, offriamo la materia, offriamo l’elemento che predomina sulla nostra Terra, ovvero: la dimensione della materia. Offriamo le cose più semplici che sono vicine all’uomo: il pane, perché senza il pane non c’è vita, e il vino. Ma cosa rappresentano questo pane e questo vino? Rappresentano noi. È la vita che noi presentiamo a Dio e chiediamo che questa vita venga consacrata: “Manda il Tuo Spirito”. Secondo me, è molto importante capire che, quando noi ci doniamo con lo scopo che è previsto dall’eternità, ovvero quello di raccogliere con Cristo e portare a Gesù Cristo ogni cosa, diventa importantissimo tutto quello che ci appartiene, che portiamo dentro di noi, nella nostra natura spirituale, umana, nella nostra carne, perché così sottoponiamo tutto a Gesù Cristo. Questo è il potere che ha il popolo di Dio: quello di sottomettere tutto a Gesù. Allora vedete che, anche tante fatiche, la croce che portiamo, le difficoltà, tante volte ci fanno arrivare alla liturgia carichi, appesantiti di tante cose che portiamo. Questa, però, è una grazia, è un dono, perciò dovremmo dire: “Grazie, Signore, che ho così tante cose da portare a te. Non vedo l’ora di sottomettermi all’azione del Tuo Spirito, perché tutto sia trasformato, così allora lavoro per te”. Come San Giuseppe[6] è stato il primo a lavorare per Gesù Cristo, ognuno di noi lavora per Gesù Cristo portando la propria natura e sottomettendola a Lui. Poi un’altra cosa che ci deve far innamorare del momento dell’offertorio, nel quale offriamo noi stessi al Padre (di questo dobbiamo esserne consapevoli), è il fatto che stiamo partecipando all’azione nella quale Dio crea, l’azione più grande della nostra giornata. In questo momento, siamo insieme a Dio creatore: dove crea Dio? con chi crea? Crea con me, crea con il popolo. Noi portiamo tutta una realtà che verrà trasformata da Dio. Secondo me è bellissimo partecipare in questo modo: so che tutto quello che sto portando e che Dio mi ha affidato durante la giornata, se lo sottopongo a Dio e lo presento insieme al Corpo e al Sangue di Cristo, Dio Padre lo trasformerà e creerà una realtà nuova. Allora vedete l’azione del Padre che crea, l’azione del Figlio che salva, l’azione dello Spirito che santifica; noi sottoponendoci all’azione Trinitaria serviamo Dio e Dio, con noi, serve la creazione. Ecco questa è l’azione del Vortice Trinitario, perché entrando in sintonia con questo Vortice, possiamo ogni giorno ritornare al Padre. Questo è un moto incessante, altrimenti basterebbe una Messa per salvare tutto.
RISPOSTA (M): Sì, questo è collegato a quello che si diceva prima: Dio ha deciso di collaborare con l’uomo. Allora qual è il compito di un sacerdote regale? È quello di essere mediatore, ovvero, presentare e offrire. In questo modo noi collaboriamo. Infatti, quando preghiamo diciamo: “Ti presentiamo il pane che ci hai donato, il vino che ci hai donato”, perché tutto ci viene donato, non abbiamo fatto niente noi, è tutto dono. Però noi cosa dobbiamo fare dato che Dio è buono e vuole collaborare con noi? Da sacerdoti Gli riconsegniamo tutto, così il Vortice Trinitario agisce e ci coinvolge. È tutta azione della SS. Trinità ma noi ne siamo coinvolti. Tutto è dono, però Dio ha deciso di collaborare con noi, dandoci questo compito. Non so se è chiaro, ma è importante. Questo vale anche per l’offerta della vita. Offriamo la vita, ma alla fine, chi ce l’ha data? Lui ce la data ed è bello ridonargliela ed è quello che avviene nell’offertorio. Perché doniamo la vita a Dio? Perché Gli presentiamo i doni? Perché Gli presentiamo la vita? Innanzitutto, possiamo fare tutto questo solo se abbiamo un rapporto personale con Dio e in questo rapporto noi sappiamo che donare la vita a Dio non è per ricevere qualcosa da Lui o perché abbiamo a che fare con un Dio tiranno, ma perché sappiamo che donare la vita a Dio è il massimo della bellezza. Abbiamo capito che il modo migliore di vivere, di gioire, di star bene, è consegnare tutto a Lui. Allora l’offertorio diventa potente, il vortice, come è stato spiegato bene, funziona pienamente. Invece se presenti la tua offerta mettendoci delle condizioni “ti presento questo Signore, perché voglio che lo trasformi in questo modo”, o “ti presento questa persona: guariscila”, oppure “presento il fatto che sono disoccupato: fammi trovare lavoro”, questo significa che in realtà non ti fidi di Colui a cui tu hai donato quella situazione. Questo non è vivere l’offertorio, ma è contrattare con Dio, è un “ti presento questo: cambialo”. L’offertorio è un momento cruciale della Messa, perché tutto quello che con onestà e sincerità hai donato a Dio, fidandoti che il tuo Salvatore abbia preso tutto nelle Sue mani, durante la consacrazione, viene trasformato. Però devi avere quei presupposti dei quali abbiamo parlato prima. Ma come viene trasformato? Come pensi tu? No. Viene trasformato secondo l’azione dello Spirito Santo, perciò tu non puoi sapere come diventerà ciò che hai consegnato, l’unica tua certezza è che sarà il bene, il sommo bene e basta.
RISPOSTA (D): Parlando del potere che ha il popolo, è importante capire che il Male sempre di più avrà terrore di noi, perché quando Satana comincerà a vedere che noi sottoponiamo a Gesù Cristo, permettendoGli di vincere, ogni suo tentativo di attaccarci, di disturbarci, di darci fastidio, ci starà sempre più lontano. Il sacerdozio regale del popolo è come l’immagine del Vangelo delle reti dei pescatori: Gesù ha chiamato dei pescatori e ha detto a Pietro “Ti farò pescatore di uomini”[7], pescatore di anime. Ognuno di noi è un pescatore che getta le sue reti sull’umanità. Io getto le reti in ogni dimensione della vita nella quale sono coinvolto e in questo modo raccolgo, perché ognuno di noi raccoglie e porta un’immensità di realtà. Alle volte sentiamo dei pesi e preghiamo per le anime che guardano a noi, per le anime del purgatorio, perché Dio ci affida tantissime realtà e nel momento in cui ognuno di noi si sottopone a Dio, con il desiderio che Cristo sia tutto, con il solo desiderio di fondersi con Lui durante la consacrazione, allora tutto quello che è unito a ciascuno subisce questa trasformazione. Ecco in questo modo si va verso la nuova creazione, perché un po’ alla volta viene raccolto tutto. Questo è il nostro compito di popolo sacerdotale ed è così che lavoriamo con Dio.
RISPOSTA (M): Abbiamo detto che all’inizio della Messa è importante entrare in comunione e quindi non avere pensieri negativi contro nessuno. Questo è importante anche nel momento dell’offertorio. Siamo tutti originali, tutti diversi, tutti abbiamo dei limiti che in questo momento sono la grazia più bella che abbiamo. La cosa più bella che abbiamo sono i nostri limiti, perché quelli sono davvero nostri. È tutto dono di Dio, ma abbiamo una cosa: i limiti. E non vogliamo presentare a Dio l’unica cosa nostra? È facile presentare tutto ciò che abbiamo ricevuto: ce lo ha dato Lui. Pensate che bello, invece, presentare i nostri limiti “quel limite è mio e io lo presento a Te, Signore, te lo consegno”. Ognuno di noi ha i propri limiti, siamo originali, ma tutti insieme formiamo e rappresentiamo la Terra. Con i limiti di ognuno di noi, con i difetti di ognuno di noi, è rappresentato tutto il mondo. Allora io divento rappresentante di tutti quelli che hanno il mio stesso limite: così sono sacerdote regale. Questo è il sacerdozio regale. Io mi presento non come il più bravo, ma come colui che rappresenta tutti quelli limitati come me. Così ci accogliamo l’un l’altro. È brutto quando vogliamo diventare tutti uguali. Anche quando pensiamo alla santità, al concetto di santità, ci pensiamo tutti uguali, invece, siamo tutti diversi e questa diversità è una ricchezza, non è un limite, è il dono più grande. I difetti di ognuno di voi, se li sapeste guardare nell’altro in questo modo, sono la cosa più bella che una persona può darvi. Ogni persona ha difetti diversi dai miei, siamo diversi e così, se invece di scontrarci e volerci cambiare pensando “quello si comporta in quel modo, quello di mi ha detto questo”, guardassimo ai nostri limiti con un sorriso dicendo “meno male che lui è diverso da me, così stasera alla Messa l’altro porta qualcosa e io invece qualcos’altro”, è più bello.
RISPOSTA (D): Il cammino che per anni abbiamo fatto come popolo di mettere Cristo al centro della vita, che Cristo sia tutto, che non ci siano legami che mi separino da Cristo, siano questi mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella, mio figlio, mia figlia, ci rende intelligenti nelle leggi della Vita. Infatti, se io ho qualcosa che mi separa da Cristo, non riesco a partecipare a quello che Lui compie, perché sono disperso in tante periferie della mia natura. Invece, devo essere immerso nel mio spirito, dove abita Cristo e dove non ho paura di perdere tutto, anzi, so che quando mi immergo completamente in Cristo, Lui rinnova tutto e rinnova anche mio papà, mia mamma, mio fratello, mia sorella. Si tratta di diventare davvero intelligenti nel conoscere le leggi della Vita. Quanto tempo ci serve per riconciliarci con la nostra natura: “sono emotivo, ho la tendenza ad essere triste, non sono capace di parlare, non sono capace di pregare, sono fatto così”, ci serve tanto tempo per capire che l’unica cosa che serve a Dio sono i nostri limiti. Noi, come dicevamo prima, rifiutiamo l’unica cosa che serve in quel momento a Gesù Cristo, perché è proprio attraverso i miei limiti che io raccolgo le anime simili a me, ovvero, i miei limiti sono il mio punto di raccolta. Allora, per esempio: se ho capito che tendo ad uno stato d’animo, io dovrei lodare Gesù per questo, dovrei essere felicissimo, perché sono sacerdote per questo tipo di anime. Questi fratelli e queste sorelle hanno bisogno di me proprio perché ho questa debolezza o questo stato d’animo[8] ed è per questo motivo che divento un canale di elevazione a Dio per loro. Tante volte preghiamo il Signore così: “liberami da questa cosa” oppure “liberami da questa situazione”, ma Lui non ci libera. Perché non lo fa? Perché ci toglierebbe il servizio: se ci liberasse da tutto, noi non avremmo più niente da fare, non potremmo neanche più servire. Invece il nostro servizio nello spirito è proprio credere che “dove sono debole, sono forte”[9]. San Paolo l’aveva capito. Invece, noi dobbiamo sempre ricordarcelo, perché lo spirito del mondo scarta, umilia, ciò che è debole: se si ha un difetto viene esaltato, deriso e questo comportamento blocca ed, a un certo punto, ti senti tutto bloccato.
RISPOSTA (M): Questo è l’unico passaggio in cui avvengono anche le vere guarigioni. Io mi presento con questo stato d’animo ma quando guarirò da questo stato d’animo[10]? Quando lo accoglierò, quando lo abbraccerò, quando capirò, come abbiamo detto prima, che è il mio servizio. Infatti il Signore te lo lascerà il tempo necessario, a te e alle anime simili a te, per andare a Dio. Quando non ti servirà più, te lo toglierà e magari entrerai in un altro servizio. Questo non vale solo per le malattie, ma vale per tutto. Quante volte, preghiamo il Signore chiedendogli: “fammi guarire”. Tante volte ho raccontato che, una volta, il Signore, mentre Lo pregavo, mi ha detto “io lo guarisco, però ti dico che questa malattia è la sua salvezza, vedi tu”. Allora ho detto al Signore “ferma tutto, lascialo malato, anzi fallo morire se serve”. Quindi, una malattia potrebbe essere la tua salvezza e tu preghi che ti sia tolta. Per cosa stai pregando? per perderti?
INTERVENTO: Volevo testimoniare questa mia esperienza. Per me è stato molto importante, dopo anni che andavo Messa, capire, o meglio il Signore me lo ha fatto capire nello spirito, che come Maria è stata corredentrice, così anche noi, nel momento dell’Eucarestia, siamo corredentori e questa è una cosa immensa.
RISPOSTA (M): Siamo sempre corredentori. Sei corredentore quando partecipi alla liturgia come abbiamo detto prima. Sei corredentore quando battezzi. Le anime che battezzi, quando sarai in punto di morte, verranno ad accoglierti. In punto di morte combattiamo l’ultima battaglia contro Lucifero e tutte le anime che hai aiutato (il battesimo è l’aiuto più grande che possono ricevere da te) verranno a portare luce, a fare una barriera. Quindi, battezzate! Pensate che bello vivere questo scontro, per poi aprire gli occhi per sempre, perché non è vero che li chiudi, e vedere che sei accolto da una moltitudine di anime che sapranno come ringraziarti per l’aiuto che tu hai dato a loro. Sei corredentore di tutti quelli simili a te che hanno i tuoi difetti e tu li presenti sull’altare, presentando prima te stesso. Anche qui un altro errore che facciamo è mettere gli altri davanti: io li offro, ma in questo modo c’è sempre un po’ di orgoglio che è tipico soprattutto dei ministri. Prima di tutto: Offriti tu! Offrendoti tu, offri gli altri. Tante Messe sacrileghe (bisogna dirlo) avvengono perché i sacerdoti ministri non si offrono, offrono Gesù, ma loro non si offrono. È un sacrilegio. La Madonna a don Stefano Gobbi ha detto: “In quel momento voi siete dei macellai, perché fate a pezzi mio Figlio e state a guardare”. Lo ha detto la Madonna, non l’ho detto io. Quindi sei corredentore, sì. Quando? Quando partecipo offrendomi al sacrificio di Cristo. Allora di che cosa sono corredentore? Sono corredentore di quello che il Signore ha collegato a me, che conoscerò solo quando sarò oltre la grande barriera. Anche qua, come è stato detto prima, non limitate ciò che è collegato con voi solo al figlio, alla figlia. Perché bisogna stringere sempre? Tu non sai cosa il Signore abbia collegato a te. Perché vuoi limitarti a tuo figlio, a tua figlia? Non dimenticate, però, che ogni anima è libera, quindi non puoi salvare chi non vuole essere salvato. Lasciamo che sia il Signore a collegare a noi quelle anime che Lui sa che vogliono essere salvate, che sono simili a noi, con le nostre stesse esperienze, i nostri limiti. Perché se invece noi preghiamo dicendo: “Io voglio lei, voglio lui”, magari scelgo proprio coloro che non vogliono essere salvati. C’è un passaggio in “L’universo e i suoi abitanti[11]” nel quale è detto chiaramente che nella stessa famiglia, madre e figlio, padre e figlia, possono non essere nello stesso spirito. La vera famiglia non è quella di sangue, ma è quella dello spirito. Senza la famiglia in spirito non c’è quella di sangue. La famiglia è una ed è quella dello spirito. Nella stessa famiglia può capitare di avere due spiriti diversi (o lo Spirito di Dio, oppure lo spirito del mondo). Perché? Perché ogni anima è libera di scegliere a quale spirito unirsi, questo è il dono della libertà. Tornando alla corredenzione: tutti siamo corredentori, tutti siamo chiamati a essere “alter Christus”.
RISPOSTA (D): Sempre collegato con questo momento dell’offertorio, mi viene in mente anche che incontrare Cristo significa incontrare veramente se stessi, incontrare veramente chi siamo. Finché non incontriamo Gesù Cristo, noi siamo degli sconosciuti a noi stessi. Durante l’offertorio c’è anche un aspetto medico bello da considerare, ovvero, l’uomo ha da sempre una sensibilità, più o meno amplificata, di toccare determinati aspetti della realtà: con la mia sensibilità ne tocco alcuni, altri ne toccano altri e in un certo modo noi interagiamo con la realtà e la realtà interagisce tante volte anche con noi. Allora cosa succede quando le persone arrivano a sentirsi esaurite, scariche, appesantite? Vanno dal medico, dallo psicologo, assumono psicofarmaci, tutto per cercare umanamente di stare meglio. Ma perché l’uomo si esaurisce, si appesantisce e si stanca? Perché l’uomo non conosce se stesso e non sa come funziona, non è consapevole che strutturalmente ha una natura sacerdotale, che è previsto da sempre per raccogliere e per dare, per ricevere e per trasmettere. Non c’è niente che si può fermare a noi. Quello che si ferma in noi crea un blocco, crea una tensione, crea una rigidità, crea un nervosismo, crea mal di testa. Allora quando comprendo questo fluire della vita e come interagisco in questa azione di Dio, ne capisco anche il senso. Io nella mia esperienza personale ho provato una gioia immensa quando ho capito che il senso di tutto quello che avevo vissuto e raccolto fino a quel momento, era per essere offerto a Dio e quando l’ho fatto mi sono sentito libero e pronto per un nuovo ciclo. Allora noi siamo fatti per un’infinità di cicli della vita, per raccogliere tutto quello che abbiamo e per portarlo a Dio. Se, in quel momento, Cristo è tutto per me, Lui eleva ogni cosa al Padre e sento che nella mia persona si ricrea quella libertà che mi permette di ripartire.
RISPOSTA (M): Riguardo alla sensibilità: progredendo nel cammino tutti diventiamo più sensibili e questa sensibilità aumentando ci permette di percepire e di capire di più. Attenti però: se sei sensibile e cogli che una persona ha un bisogno, un’altra un altro, come sacerdote lo cogli per presentarlo a Dio e basta, non per giudicarlo, inquadrarlo, capirlo, spezzettarlo. Posso intuire, ma non giudicare pensando “ma lei è un tipo così”. Posso intuire come è una persona, ma per quale motivo? Perché il Signore mi chiede di portare tutto ciò che intuisco sull’altare e basta, senza aggiungere niente. La sensibilità è un dono, ma se la teniamo nelle nostre mani, se la gestiamo noi, diventiamo dei mistici con la emme minuscola. Questo è il livello dell’anima. Invece, se, attraverso i passaggi di cui abbiamo detto prima, la sensibilità viene continuamente purificata, viene costantemente unita al pensiero di Cristo e a quello di Maria, questa diventa visione intellettiva, ovvero, si vede la realtà così come è. Nello Spirito Santo tu vedi la realtà così come è e sai dare il giusto nome alle situazioni, senza mai far passare un giudizio.
RISPOSTA (D): Questo è il cammino verso l’immacolatezza, dove noi non gestiamo a modo nostro la realtà, ma lasciamo fare a Dio. Questa, secondo me, è la bellezza, perché ognuno di noi ha delle capacità, delle sensibilità che Dio può utilizzare. Quando, invece, le persone usano la loro sensibilità per dei fini personali, non stanno bene, perché sono sempre in tensione. Invece, il nostro cammino è: a Dio attraverso Maria. Allora attraverso Maria, significa: io sono fatto in un certo modo e in una sincerità assoluta sottometto la mia natura a Dio, perché la utilizzi Lui. Questo è meraviglioso: quando si sente che lo spirito puro mi utilizza e si serve di me, di tutti i miei canali, di tutto quello che sono, ovvero, si serve di “tutto quello che il mio sacerdozio regale raccoglie”. Allora il nostro punto di arrivo è questo: impegnarsi affinché Dio si possa servire di me e per farlo io devo sottomettere tutto il mio essere a Lui, senza manipolare nulla. Quando ci sintonizziamo in questo modo di essere, di vivere, allora tutta la nostra natura inizia a funzionare veramente bene. Il prefazio introduce il “Santo”, che è un po’ un ringraziamento: “Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio”. Questa parte introduce il momento dell’elevazione. Perché? Perché dal momento che tutto è stato sottoposto a Gesù Cristo nel Pane e nel Vino, Dio prende seriamente tutto ciò che è stato offerto e parte il processo di trasformazione. Se c’è questa certezza della fede, allora in noi nascono la gioia, la gratitudine e il ringraziamento. Il “Santo”, anticipa quella lode finale, perché sappiamo già quello che farà Gesù Cristo: trasformerà e porterà a compimento tutto quello che il popolo ha raccolto attraverso le intenzioni di Maria. Allora anche il “Santo” è un momento di elevazione, perché partecipiamo alla lode vissuta nell’assemblea del cielo. La Liturgia che viene celebrata in cielo è soprattutto una liturgia di lode, di canto, di adorazione, di vita, di vibrazioni pure. Noi ci uniamo a questa elevazione della lode e diciamo a Gesù Cristo, come abbiamo cantato: “Tu sei santo, tu sei re”, perché quando partecipiamo a questa verità, anche il nostro essere si eleva. Allora il “Santo” anticipa non solo il momento in cui Cristo porta tutto a compimento, ma anche il momento nel quale ci offriremo “per Cristo, con Cristo e in Cristo”, perché questi sono i due momenti di elevazione dai quali si parte dalle dimensioni che abbiamo raccolto per elevarci sempre di più verso l’azione di Dio. Tutto ciò che abbiamo raccolto verrà elevato a Dio ed è per questo che il “Santo” anticipa quel momento.
RISPOSTA (M): Adesso è il momento della consacrazione. Per la prima Chiesa la Messa era solo quello di cui parleremo adesso. I primi cristiani si trovavano per spezzare il pane, per ricordare ciò che Gesù aveva fatto e aveva ordinato di continuare a fare. È il cuore. Tutta la preparazione, tutta l’offerta, tutto il nostro sacerdozio trova compimento in questo momento, perché è Gesù che sale al Padre e offre se stesso. È Gesù che prega il Padre, che rinnova il Suo Sacrificio, che dona di nuovo il Suo Corpo per essere crocifisso e il Suo Sangue per lavare i nostri peccati: porta a compimento tutto quello che abbiamo raccolto e offerto. Come abbiamo detto anche prima, tutto viene trasformato, non solo il pane e il vino, ma tutto viene trasformato nel Corpo e Sangue di Cristo. È per quello che dopo dobbiamo dire: “È mistero della fede”. È un mistero, un mistero di amore, un mistero di grazia, è un mistero che, come tutti i misteri, o vi partecipi accogliendolo e così porta frutto, o lo rifiuti. Quando lo rifiuti? Quando resti indifferente, quando pensi “ma chi sa se sarà vero”. In questo modo lo hai rifiutato. Lo rifiuti quando non lo vivi, quando resti distaccato. Lo rifiuti anche quando resti indifferente dal fatto che un uomo (se proprio non volete vedere che è Dio) dà la vita per te, versa il suo sangue per te, ti perdona, ti ama, come se Egli fosse obbligato ad offrirsi. Non è obbligato! L’offerta di Cristo ha valore perché prima del momento della consacrazione Lui dice “sono Io che offro la vita, nessuno me la toglie”[12]. Anche su questa parte potremmo parlare per ore, ma quando un’offerta è bella? Quando offri qualcosa che hai, non che ti viene tolto. Per esempio: vengono i ladri a rubare e tu dici “offro tutto quello che mi hanno rubato”, ma non hai più quelle cose. È bello offrire quello che hai. A Gesù la vita non la poteva togliere nessuno. È Cristo che la offre, nessuno poteva inchiodarLo sulla croce se Lui non avesse offerto la Sua la vita. Durante la Messa, nella preghiera: “Eravamo morti a causa del peccato, incapaci di accostarci a Te, ma Tu ci hai dato la prova suprema del Tuo amore”, è racchiuso tutto. Ma cosa fa la differenza? Perché, allora, se Gesù Cristo continua ad offrirsi, la Terra è ridotta in questo stato? La differenza la fa lo spirito con cui partecipiamo. Lui ci dà in ogni Messa la possibilità di essere trasformati, vivificati, rinnovati, lavati, però c’è sempre la libertà di accogliere o non accogliere la Sua azione.
RISPOSTA (D): È importante ricordare cosa significa essere popolo nuovo, cosa significa celebrare da sacerdoti nuovi, da popolo consacrato a Dio: il principale servizio è quello di crescere nel sacerdozio nuovo e di crescere nella consacrazione nuova. Allora, quando avviene la consacrazione del pane e del vino, anche noi troviamo il nostro culmine, il nostro compimento come popolo. La differenza tra quello che fanno nella confessione cattolica e quello che viviamo noi nella Chiesa di Gesù Cristo dell’Universo, è che noi non offriamo solamente pane e vino, ma anche tutto il popolo: “Questo pane che ci hai donato, questo vino che ci hai donato e il popolo che hai ricapitolato da ogni parte dell’Universo e che vuoi unire al Corpo di Cristo, affinché diventi vivente in eterno verso la creazione nuova”. In questo modo noi chiediamo che anche il popolo venga consacrato. Questo è un passo fondamentale e cosa significa? Significa che quello che avviene sull’altare, ovvero la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, avviene anche sull’altare dello spirito di ognuno di noi. Quello che vediamo sull’altare avviene dentro di noi: cambia la nostra natura dentro e questo ci porta a vivere quello che Padre Tomislav ci ha sempre detto, ovvero, ci porta a diventare Eucaristia vivente. Questa è la partecipazione da popolo regale, sacerdotale: permettere che avvenga nella liturgia della propria vita l’azione liturgica, attraverso la quale viene cambiata la nostra natura umana, assumendo così quella divina in Cristo Signore. Allora sentiamo che l’Eucaristia viene celebrata dentro di noi e andiamo verso l’Eucaristia vivente.
INTERVENTO: Si sa da sempre che viene messa una goccia d’acqua nel calice, che è simbolo di noi stessi, della nostra anima e che quindi è anche simbolo di tutti noi come esseri umani.
RISPOSTA (D): Certo, abbiamo detto che c’è tutto nella liturgia.
RISPOSTA (M): Non c’è nulla di nuovo, tutto è eterno, non stiamo inventando niente, c’è da sempre. Quello che dice la signora è che nel calice, prima della Santa Messa, si mette un goccio d’acqua dicendo: “è la nostra natura umana che si unisce alla natura divina”. Questo è quello che dovrebbe avvenire, che succede, ma nella misura in cui noi partecipiamo. La differenza non è che perché ho messo quella goccia d’acqua allora è avvenuto quello, è un segno, poi devo partecipare perché ciò avvenga.
INTERVENTO: Questo si allaccia a ciò che intendevo esprimere prima, ovvero che sono andata a Messa per venti anni, ma quando ho capito che anch’io ho la possibilità di essere corredentrice con Gesù Cristo, tutto ha assunto tutto un’altra forma. È vero: non c’è niente di nuovo, ma sono io che sono rinnovata. Questa la differenza.
RISPOSTA (M): SI, la differenza è lo spirito con cui facciamo le cose.
RISPOSTA (D): Quello che avviene durante la Consacrazione è una realtà viva. Noi, essendo il popolo consacrato a Dio e avendo ricevuto il Segno[13], abbiamo detto: siamo il popolo consacrato alla SS.Trinità. Cosa significa essere consacrato alla SS.Trinità? È una devozione? Essere consacrato alla SS.Trinità vuol dire essere coinvolto nella SS. Trinità, disponibile a vivere una liturgia perenne e ad accogliere lo Spirito Santo dentro di me. Partecipare all’azione del gruppo nel nucleo centrale di San Raffaele che serve lo Spirito Santo[14], significa avere anche una particolare attenzione a quello che fa lo Spirito Santo con me, perciò accoglierLo dentro di me. Lo Spirito Santo compie sempre un’azione di consacrazione: consacra il nostro essere nella liturgia di tutto il giorno. Dove, in modo particolare, trova compimento questa consacrazione? Sull’altare. Noi vivendo però da popolo consacrato e accogliendo lo Spirito Santo portiamo la natura umana e quella divina, lasciando che Lui lavori dentro di noi, lavori in noi, lavori nel nostro spirito e trasformi la realtà. Questo perché la dimensione della consacrazione non è solo durante la liturgia, ma è sempre, perché siamo il popolo consacrato.
[1] Consigliamo la lettura del capitolo 9 da pag. 179 “Il battesimo in Spirito Santo e fuoco” del libro “Oltre la Grande Barriera” di Stefania Caterina
[2] Rimandiamo alla lettura del paragrafo “I bambini senza nome” da pag. 169 del capitolo 7 “Le anime del purgatprio” del libro “Oltre la Grande Barriera” di Stefania Caterina
[3] https://www.versolanuovacreazione.it/consacrazioni-e-preghiere/preghiera-a-san-michele-arcangelo/
[4] Cfr. Ef 1,8-12
[5] Rimandiamo alla lettura del paragrafo a pag. 208 del capitolo 11 “La Chiesa, popolo santo di Dio” del libro “Oltre la Grande Barriera” di Stefania Caterina
[6] Consigliamo la lettura del messaggio di San Giuseppe del 10 marzo 2014 “Stare in comunione con Dio”
[7] Cfr. Lc 5,1-11
[8] Per approfondimento consigliamo la lettura di “rubrica incontri del popolo” sul sito: https://www.chiesadigesucristodelluniverso.org/blog in cui vengono approfonditi anche gli stati d’animo
[9] Cfr. 2Cor 12,7-10
[10] Per approfondimento consigliamo la lettura della “rubrica incontri del popolo” sul sito: https://www.chiesadigesucristodelluniverso.org/blog in cui vengono approfonditi anche gli stati d’animo
[11] Libro “Riscrivere la storia. L’Universo e i suoi abitanti. Volume II” di Stefania Cateria e Tomislav Vlasic. Capitolo 18 “Giuseppe e gli Egiziani” pp. 145/146
[12] Cfr Gv 10, 11-18
[13] Rimandiamo alla lettura del messaggio di Maria Santissima del primo novembre 2016 “Il Segno è una Croce” presente anche su qeusto sito: https://www.versolanuovacreazione.it/il-segno-e-una-croce/
[14] https://www.versolanuovacreazione.it/consacrazioni-e-preghiere/nucleo-centrale/