(tratto dal libro “2012 – La scelta decisiva dell’umanità” di Stefania Caterina e Tomislav Vlašić”, pag. 116; Luci dell’Esodo)
Messaggio di San Paolo Apostolo del 30 agosto 2012
“Dopo la mia conversione, ho trascorso un lungo tempo a riflettere, e a prepararmi per la missione di cui il Signore continuamente mi parlava.[1] Gesù mi aveva chiamato ad essere apostolo, benché non fossi stato con lui fin dall’inizio; anzi, sapete bene che, all’inizio,ero stato un persecutore dei cristiani.
Al tempo della mia conversione, i cristiani e gli apostoli del Signore, in particolare, erano colmi di una tale ricchezza di grazie, che voi difficilmente potreste immaginare. Gli apostoli manifestavano veramente la potenza di Dio; le loro esperienze non si limitavano a qualche visione o miracolo. Le esperienze straordinarie erano per loro la normalità, non perché fossero “superuomini”, ma perché la Chiesa aveva ricevuto,nella Pentecoste, una spinta straordinaria, indispensabile per compiere la sua missione. Spettava agli apostoli aprire la strada al popolo, offrendo se stessi e manifestando la straordinaria potenza della grazia che era la vita della Chiesa. La vita mistica, nella prima Chiesa, era la base di ogni esperienza di Dio.
Oggi, la Chiesa non vive più una simile potenza; eppure, essa è chiamata alla stessa missione di allora. Perché accade questo? Perché il popolo di Dio e gli apostoli di oggi credono più al potere della ragione che a quello della fede, benché ragione e fede non siano in contrasto fra loro, tutt’altro. Temono i miracoli e li guardano con sospetto, non sapendo come incasellarli nella logica umana, nella razionalità tipica di questo vostro tempo. Per noi non era così; perciò le mie esperienze furono accolte dagli apostoli del Signore, Pietro mi diede la sua destra in segno di stima e fiducia, riconoscendo in me la chiamata e l’opera del Signore.[2] Fra noi due non ci fu mai discordia, benché fossimo assai diversi per mentalità e formazione.
Gesù aveva parlato ai suoi apostoli, durante la sua permanenza in mezzo a loro, ed aveva parlato al mio spirito, dopo la mia conversione. Non c’era differenza di preparazione fra noi, ciascuno sapeva cosa fare e cose dire al popolo. Pietro ed io, come gli altri apostoli, parlavamo della nuova creazione.[3] Non era certo frutto della nostra fantasia, come, forse, qualcuno di voi potrebbe affermare. Gesù ne aveva parlato, promettendo di portare l’umanità in una dimensione nuova. Aveva parlato della ricapitolazione in lui di tutta la creazione, come culmine dell’azione della sua Chiesa, e come preludio necessario alla nuova creazione.
Per questo ci aveva fatto conoscere la realtà esistente in tutto l’universo, poiché il messaggio di salvezza, affidato in modo particolare alla Chiesa della Terra, avrebbe dovuto riempire l’universo; solo così sarebbe stato possibile ricapitolare in lui ogni cosa in cielo e in terra. Voi mi chiamate “apostolo delle genti” e lo sono stato davvero. Le genti di cui parlate, però, non erano solo i popoli pagani della Terra, bensì tutti gli uomini creati da Dio, e viventi in qualsiasi angolo del cosmo. L’immensità, la grandezza e la profondità dell’opera di Dio non mi erano sconosciute, perché il mio spirito spaziava nelle realtà dell’universo. Infatti, il Signore mi aveva concesso di vivere esperienze straordinarie, di visitare pianeti sconosciuti e di incontrare diverse umanità dell’universo.
San Pietro vi ha parlato di come andarono le cose nella prima Chiesa e di come, a poco a poco, l’aspetto riguardante i popoli di altri pianeti venne messo da parte. La missione della Chiesa si orientò solo verso le genti della Terra. Questo è stato il mio dolore più grande, ed anche il dolore degli altri apostoli. Tuttavia, Gesù ci aveva promesso che sarebbe venuto il tempo propizio per la missione della Chiesa in tutto l’universo.
Questo è il tempo nuovo per la Chiesa della Terra! Questa è l’occasione concessa nuovamente al popolo di Dio della Terra, per lasciare da parte i dubbi e le paure, per recuperare quella dinamicità della fede che permette di oltrepassare le barriere della Terra, e scavalcare le mura della razionalità. Questa è l’ultima chiamata, per chi rappresenta la Chiesa della Terra, ad aprire le porte all’intera umanità dell’universo, ad essere madre dei popoli, come spesso si proclama, purtroppo, solo a parole.
La Chiesa della Terra è chiamata a rispondere, accettando di aprirsi alle realtà presenti nell’universo, all’evangelizzazione di altre umanità, oltre a quelle della Terra. Il Signore attende una risposta da parte di ogni fedele, e di coloro che rappresentano la Chiesa. Vi dico che è inutile far finta di non sapere: i segni della presenza della vita nell’universo sono stati dati e continuano ad essere dati tuttora. Coloro che rappresentano la Chiesa, di fronte ai segni dati dal cielo, non possono comportarsi come coloro che non credono, o come scienziati e studiosi, che affrontano certi fenomeni per darne una spiegazione razionale, che quasi sempre porta ad un rifiuto. Chi si proclama “pastore” deve comportarsi da uomo di fede.
L’uomo di fede non è un ingenuo che accetta tutto ad occhi chiusi: l’uomo di fede sa discernere. Il suo discernimento, però, non nasce mai dalla paura di ciò che è inspiegabile razionalmente; nasce, invece, dall’apertura incondizionata all’azione di Dio, al quale nulla è impossibile. L’uomo di fede possiede la prudenza che è dono dello Spirito Santo, e che non ha nulla a che fare con il timore umano, frutto di compromessi e di ambizioni umane.
Per questo, l’uomo che vive una fede autentica, possiede un discernimento che è guidato dallo Spirito Santo e che non fallisce, perché lo Spirito stesso conferma la sua azione. Come? Mediante la comunione dei fedeli. Quando pregavo insieme ai fedeli delle prime comunità cristiane, i doni straordinari erano la normalità, perché l’azione dello Spirito Santo era intensa; tutti assistevamo all’intervento diretto di Dio nell’edificazione della Chiesa nascente. Il mio compito di apostolo non consisteva nel dire alla persona se quel dono provenisse da Dio oppure no, né tanto meno di approvare o impedire l’esercizio dei doni. Il mio compito era quello di pregare e offrire me stesso, per ogni fedele e per l’intera comunità.
Il compito di ogni apostolo e pastore, oggi come allora, è quello di aiutare ciascuno a diventare un uomo libero in Dio; non libero secondo gli uomini, ma secondo Dio, perché tutti voi siete chiamati a entrare nella libertà dei figli di Dio. Questo era il mio dovere davanti a Dio: annunciare il messaggio del Vangelo, aiutare ogni persona di buona volontà a specchiarsi in quel messaggio, ad essere integro di fronte alla verità, capace di offrire se stesso a Dio, capace di vivere in comunione con i fratelli.
L’offerta della vita a Dio, l’integrità, la comunione, sono le basi sulle quali si forma l’identità di ogni persona e di ogni comunità, sono le basi della fede integra e della vera libertà. Quando un dono straordinario si manifesta in una persona o in una comunità colma di fede e di libertà, non può che produrre frutti buoni, e la comunione vera impedisce che si infiltri il male. Chi vive integro di fronte a Dio, non sarà mai ingannato né potrà mai ingannare, perché lo Spirito, datore di ogni dono, confermerà la sua opera, attraverso altri che vivono la medesima integrità di fede e di comunione. Così accadeva nelle comunità nelle quali predicavo. Quando una persona si alzava nell’assemblea e manifestava un dono, questo dono veniva riconosciuto, come proveniente da Dio, da tutti coloro che erano presenti. Era un discernimento immediato e sicuro, che produceva pace e alimentava la fede, la speranza e la carità. Attraverso quel dono, si risvegliavano altri doni in altre persone; così i doni dello Spirito si armonizzavano, si completavano e si confermavano a vicenda. In tal modo, la Chiesa cresceva e si fortificava.
La Chiesa non è stata fondata da noi apostoli, bensì dalla straordinaria azione dello Spirito Santo, che operava direttamente, attraverso il popolo. La Chiesa è il popolo di Dio che cammina col suo Pastore Gesù Cristo, guidata dallo Spirito Santo, verso il Padre. Perciò la Chiesa è fondata sul popolo e dal popolo, il quale vive in unione con la Santissima Trinità e ne manifesta la vita.
Noi apostoli, con la preghiera, con l’offerta della nostra vita e con la predicazione, partecipavamo all’azione dello Spirito, accompagnando ogni persona nella sua crescita spirituale. Eravamo padri della fede, perché aiutavamo le persone a crescere; eravamo padri, non padroni. Come veri padri, non pretendevamo di imporre la nostra autorità, ma la usavamo per affiancare il cammino di ciascun fedele e dell’intera comunità, affinché ciascuno giungesse alla maturità della fede, alla capacità di relazionarsi con Dio e di discernere da se stesso il bene e il male, vivendo in comunione con tutti e confrontandosi con tutti nella comunione. Vi assicuro che non si può mentire di fronte ad una comunità che vive integra davanti a Dio; perciò le prime comunità erano luoghi dove cresceva la santità, e dove si moltiplicavano i doni di Dio.
Pensate che noi apostoli predicassimo molto, e convincessimo le persone a suon di parole? No, noi predicavamo poco e pregavamo molto, contrariamente a ciò che avviene oggi: la Chiesa è piena di prediche, di discorsi e di parole, ma è povera di preghiera. La preghiera personale e comunitaria è il respiro del singolo e del popolo di Dio, perché consente di mantenere vivo il rapporto con Dio, e ciò permette allo Spirito Santo di agire in ciascuno e in tutti.
Ogni persona possiede lo spirito, ma io vi dico che ogni comunità cristiana dovrebbe possedere uno spirito, che si forma a partire dalla vita che scorre in ogni anima e che, attraverso la sincera comunione, emana dalla comunità stessa con straordinaria potenza, generando unità di intenti. Quando una comunità possiede uno spirito aperto a Dio, umile e sincero, i suoi membri sono “un cuor solo e un’anima sola”. Allora si manifesta la multiforme azione di Dio, che suscita doni e missioni nei singoli e nell’intera comunità. Lo Spirito di Dio agisce sullo spirito di un singolo e sullo spirito della comunità. Questo avveniva nelle prime comunità, immediatamente dopo la Pentecoste”. […]
[1] Cfr Gal 1, 11-23
[2] Cfr Gal 2, 9
[3] Cfr 2Pt, 3, 1-10
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